I nostri luoghi, le nostre abitudini e le nostre vite raccontate da vecchie foto conservate con amore
o uscite per caso dalle scatole in cui le avevamo riposte.

lunedì 16 ottobre 2023

ZONA "A"

 

POZZUOLI 1983-2023

                  Una Famiglia della “Zona A”                    

 

Sono nato e vissuto a Villa Maria fino al 1976 quando, appena sposato, con mia moglie Luisa e la primogenita Anna, mi trasferisco in un vicino appartamento preso in fitto.

Si tratta di un quartino al terzo piano, con ampio balcone e panoramica veduta del golfo, del palazzo proprietà Delli Paoli, in via Miliscola 30; di fronte l’attuale I.S.I.S. Tassinari, ex SUNBEAM.

E’ qui, nel 1978, che nasce la secondogenita Sara Maria Giovanna ed è qui che trascorriamo, spensierati, i primi anni di matrimonio.

 Nel novembre del 1980, domenica 22 sera, siamo a casa ed ospitiamo Loreto Fortuna, amico d’infanzia, con l’indimenticata moglie Antonella e la primogenita Manuela.

Improvvisamente la forte scossa dell’Irpinia; passato lo sbalordimento prendo in braccio Anna, Loreto prende in braccio Manuela e con le rispettive mogli tentiamo di aprire l’ingresso che oppone resistenza nel mentre tutto ancora balla.

C’accorgiamo d’aver dimenticato Sara ed andiamo a prelevarla in cucina dove gioca tranquillamente; scendiamo per le scale che ancora ondeggiano e ci ritroviamo tutti in strada.

La paura è forte, ascoltiamo i primi resoconti e per qualche giorno dormiamo nel Rimessaggio di Villa Maria, all’interno della nostra roulotte.

Questo terremoto, il più forte subito nella nostra vita, ci tempra e ci abituerà a sopportare quanto poi il destino ci riserverà di lì a pochi anni.

 Nel 1983 riprende preponderante la crisi bradisismica, la seconda della nostra esistenza; oggi possiamo assicurare che non è stata l’ultima.

Innumerevoli le scosse, la maggior parte strumentali tranne una significativa in primavera di magnitudo 3.5 localizzata alla Solfatara, accompagnate da un rapido innalzamento del suolo. Movimento tellurico e bradisismo negativo, combinati insieme, sono un cocktail di cui faremmo volentieri a meno per i danni che apportano agli edifici, ai sotto-servizi e alle strutture portuali.

Nel mentre il quattro settembre, una calda domenica dello stesso 1983, tutti discutiamo della nuova fase che Pozzuoli attraversa, alle ore 13.30 ci accingiamo a pranzare quando improvvisamente avvertiamo un boato, subito seguito da un forte sisma che raggiunge i 4.0 gradi di magnitudo.

Un terremoto che, unitamente alle altre sessanta strumentali o poco più dello sciame, terrorizza tutti i Campi Flegrei; edifici lesionati, linee elettriche e telefoniche in tilt, e rabbia dei puteolani che, esasperati, devastano la sede della locale Protezione Civile.

 Innumerevoli coloro che abbandonano le proprie abitazioni trovando momentanea sistemazione nelle roulotte e nelle tendopoli allestite un po' dappertutto nei pubblici giardini o nei vicini campeggi di Licola [1].

 


Molti lasciano Pozzuoli autonomamente, con le proprie auto; i pazienti dell’Ospedale Santa Maria delle Grazie sono trasportati all’esterno e le detenute del Carcere Femminile sono trasferite a Poggioreale.

Il clima è arroventato, le irritazioni sono al massimo, ed ognuno scruta la propria abitazione notando solo ora interessanti crepe o insignificanti scrostamenti di intonaci.

Quattro giorni dopo la scossa il Ministro della protezione Civile Enzo Scotti firma un’ordinanza che finanzia la costruzione di quelli che saranno i primi “seicento” alloggi nella semisconosciuta località di Monterusciello (all’epoca ancora Monteruscello).

Ogni edificio del vasto centro storico presenta piccole o grandi screpolature è, giustamente, ogni residente teme che scosse di uguale o maggiore magnitudo possano mettere in pericolo la vita dei propri cari.

Pertanto, anche in previsione della probabile futura assegnazione di un alloggio popolare come avvenuto per la precedente crisi del 1970, è tutto un affrettarsi a richiamare verifiche strutturali da parte dei competenti organi. Queste richieste di verifiche sono inoltrate dagli inquilini e fortemente contrastate dai proprietari; sono ancora numerosi i vecchi padroni di interi palazzi che, oltre a temere la perdita della sicura rendita mensile, temono possibili ordinanze di abbattimenti.

 Cose simili succedono sia a Villa Maria, dove sono nato e che ci vede nella veste di proprietari, sia nel palazzo proprietà Delli Paoli, dove abito e che ci vede nella veste di affittuari.

Il giorno undici settembre una inquilina del piano rialzato, timorosa degli eventi in corso, segnala alla Polizia Municipale i suoi dubbi sulla staticità dell’edificio ed il seguente giorno dodici sopraggiunge una squadra di Vigili del Fuoco per le opportune verifiche.

 Questo controllo avviene tra l’ansietà di tutti gli occupanti i dodici appartamenti e le grida di disappunto della vecchia proprietaria che, sporgendosi dal ballatoio del secondo piano, urla che il palazzo è sano, forte, indistruttibile e capace di resistere ad ogni sisma.

Non è crollato con i bombardamenti americani e non è crollato per le mine con le quali i tedeschi abbatterono i dirimpettai fabbricati Ansaldo, dove erano biblioteca e dopolavoro. 

 Nonostante queste rassicurazioni pochi giorni dopo, il quindici settembre 1983, l’allora sindaco di Pozzuoli ing, Mattia La Rana (che ha vissuto tutta la sua gioventù in questo palazzo occupando esattamente l’appartamento ora in fitto alla signora che ha richiamato i Vigili), ordina lo sgombero dell’intero edificio.

Il mio personale sfratto, notificatomi in data diciassette settembre, ordina al sig. Peluso Giuseppe di procedere immediatamente, all’intima della presente, allo sgombero dei locali siti in questo comune alla via Miliscola 30 [2].

 


Mancandovi sarà provveduto a norma delle leggi e regolamenti in vigore; tutti gli agenti della Forza Pubblica sono incaricati per l’esecuzione della presente ordinanza.

 Copia della ordinanza va notificata per conoscenza a:

- Commissariato Pubblica Sicurezza di Pozzuoli;

- Tenenza Carabinieri di Pozzuoli;

- Comando Vigili Urbani di Pozzuoli;

- Genio Civile di Napoli;

- Prefettura di Napoli;

- Provveditorato Opere Pubbliche di Napoli.

Non c’è nessun dubbio che i competenti responsabili locali presero, in attesa delle scelte governative, la decisione di ordinare lo sgombero di tutti i fabbricati sottoposti al loro controllo; così facendo non assunsero alcuna responsabilità penali in caso di future eventuali calamità.

Probabilmente anche nel corrente ottobre 2023, con eventi simili a quelli del 1983, potrebbero scaturirne identiche decisioni.

Per ottemperare a quest’ordine, per sicurezza della Famiglia e per calmare le paure, provvediamo a trasferirci al Rione Toiano presso i genitori di mia moglie che occupano un appartamento antisismico assegnato loro dopo lo sgombero del Rione Terra del 1970.

 Il 20 settembre Mattia La Rana si dimette da sindaco di Pozzuoli ed al suo posto è eletto l’avvocato Gennaro Postiglione, noto commerciante di via Napoli.

 Da tempo avevamo provveduto ad iscrivere le nostre due bambine, Anna di anni otto e Sara di anni 5, rispettivamente alla terza elementare ed alla primina del vicino Istituto San Marco; scuola che di già avevano frequentato fin dall’asilo.

Verso fine settembre, essendoci trasferiti al Rione Toiano, provvediamo ad iscriverle presso la scuola privata parificata annessa alla Parrocchia di San Luca, ad Arco Felice. L’apertura della scuola è stabilita per martedì 4 ottobre e quel giorno, mia moglie sale anche lei su di un pulmino privato per essere presente al primo ingresso del nuovo anno scolastico.

Alle 8.10, ad un mese esatto dalla precedente, una forte scossa risveglia Pozzuoli e sorprende i miei cari nel pulmino che ha quasi raggiunto la scuola.

La magnitudine è di poco più violenta ma questo nuovo sisma dimostra che il livello di rischio più non garantisce l’incolumità della popolazione e giocoforza inizia una più massiccia diaspora alimentata dalle disposizioni ufficiali.

 Sono ormai migliaia le richieste di verifica per gli edifici di Pozzuoli, pertanto l’Amministrazione Locale, sentiti gli esperti e per evitare che arrivino istanze speculative anche dai quartieri che hanno subito meno danni, divide il Territorio comunale in “Zona A” (dalla costa alle zone Campana - Solfatara e dal Ponte della Cumana ai Cantieri fino a Gerolomini) e in “Zona B” (tutto il resto del territorio comunale).

 Il giorno 10 ottobre 1983 è pubblicato un manifesto che riporta un avviso del sindaco Postiglione [3] il quale invita tutti i cittadini residenti nella “Zona A”, riconosciuta di massima intensità degli epicentri dei terremoti e dove è più elevata la probabilità che si verifichino nel futuro le scosse di maggiore energia, a lasciare le proprie abitazioni a tutela della privata incolumità.



Questo avviso ricorda, e non solo agli anziani, il precedente del 23 settembre 1943 quando il colonnello Scholl ordina per Napoli e provincia lo sgombero della fascia costiera, per una profondità di 300 metri, motivandola con la salvaguardia della popolazione residente.

La novità di questo avviso, proprio come quello del 1943, è che per essere soggetto di sgombero è sufficiente risiedere nella “Zona A”, seppure l’edificio non mostri alcuna deficienza; determinanti i probabili effetti che potrebbero derivare dall’evolversi del bradisisma.

 Dunque, salvo poche eccezioni, solo gli edifici ubicati nella “Zona A” ricevono l’ordinanza di sgombero e solo i capifamiglia già residenti in questo settore possono richiedere il previsto contributo mensile di Lire 350.000 per reperimento autonoma sistemazione alloggiativa.

Rapida conseguenza di questo contributo è che i fitti richiesti dai proprietari di alloggi nei comuni di Pozzuoli, Quarto, Giugliano, Castelvolturno e Mondragone si attestano subito sul canone minimo mensile di Lire 350.000; e questo ancora prima che i contributi vengano elargiti.

Anche noi decidiamo autonomamente di affittare una villetta nel Comune di Castelvolturno e il quattordici ottobre, giorno del trasferimento dei mobili, sudiamo non poco con i dipendenti di una ditta napoletana di trasloco per convincerli a salire nella casa di via Miliscola nonostante sia in atto uno sciame che fa tremare scale, ringhiere e pavimenti.

Il giorno diciassette, preso possesso del nuovo alloggio, inviamo una raccomandata AR ai seguenti Enti per comunicare d’aver ottemperato all’ordinanza di sgombero [4]:



- Sindaco di Castelvolturno;

- Comune di Pozzuoli, Centro Operativo della Protezione Civile;

- Comando Carabinieri di Castelvolturno;

- Commissario P.S. di Pozzuoli;

- Centro Operativo Protezione Civile di Coppola Pinetamre.

 

 Lo stesso giorno diciassette novembre compiliamo l’apposito modulo, per la richiesta di contributo mensile, e lo presentiamo all’apposito ufficio allegando il certificato dal quale risulta che l’abitazione sgombrata è compresa nella “Zona A” dichiarata ad alto rischio sismico [5].

  


Intanto ci rendiamo conto che il Litorale Domizio è lontano dalla sede di lavoro, lontano dalle scuole e lontano dai parenti più prossimi che possano darci sostegno con le bambine. La primogenita Anna possiamo iscriverla in terza presso la scuola elementare di Toiano che riesce ad iniziare i corsi perché alloggiata in dei containers che offrono tranquillità statica. Diverso per la secondogenita Sara non accettata come auditrice dalla scuola pubblica e non accettata dal parroco di San Luca che, per sicurezza, non ha proprio intenzione di dar inizio all’anno scolastico. Pertanto Sara sarà costretta a restare un anno a casa rinunciando al vantaggioso anno di primina.

 Oltre questi problemi dovuti alla lontananza aumenta la difficoltà perché, almeno per noi, tarda ad arrivare il contributo mensile pertanto, approfittando dell’ordinanza n. 64 del Ministro Scotti a mezzo della quale la Protezione Civile sta acquistando alloggi da assegnare agli sgombrati, rinunciamo alla richiesta del contributo e facciamo richiesta d’essere inseriti, come nucleo familiare, negli elenchi delle preassegnazioni [6].

 



In questo periodo occupiamo una camera dell’appartamento di Toiano dove, oltre ai suoceri e il loro ultimo figlio, convivono anche una figlia con il marito.

E’ qui che trascorriamo tutto il periodo invernale contando e catalogando le scosse che orami abbiamo imparato a classificare, sbagliando di poco, sia nella scala Mercalli che in quella Richter. Il tutto accompagnato da boati, scosse ondulatorie e sussultorie, quadri che tremano senza soluzione di continuità di giorno e di notte, nei giorni feriali e nel periodo natalizio.

Tra marzo ed aprile 1984 la crisi bradisismica raggiunge l’apice sia con forti sobbalzi che con uno sciame di 600 eventi verificatosi in una sola notte, quella del primo aprile. Noi adulti, tranne i nonni che nulla temono, restiamo seduti intorno ad un tavolo in attesa di sapere se occorre scappare; incombe l’incubo di una eruzione come quella del Montenuovo del 1538.

Quella lunga notte con l’auto raggiungiamo il Rimessaggio di Villa Maria dove agganciamo la nostra Roulotte trainandola sotto la casa del Rione Toiano; pronta per ogni evenienza.

Le case di Toiano, rifugio non solo per noi ma anche per tante famiglie, che hanno amici e parenti dispersi nell’area del Litorale Domizio, sono sicure solo per un sisma ma non per un evento vulcanico. Quella notte con mio cognato Armando ci rechiamo spesso presso il vicino Centro Operativo della Protezione Civile dove è presente lo stesso professore Giuseppe Lungo il quale è sul punto di lanciare l’allarme di “sgombero totale”; ma poi pian piano gli eventi iniziano a diradare.

 

Termina quello sciame ma non accenna a diminuire la crisi bradisismica; lo stesso quattro aprile firmiamo un verbale di consegna alloggio con l’Intendenza di Finanza di Napoli, proprietaria delle acquistate abitazioni di Quarto gestite dalla Protezione Civile [7].

 

  Il diciassette maggio il Comune di Quarto rilascia copia del nulla osta edilizio e sanitario relativo all’alloggio costruito dalla ditta Caravaglios, in via Viticella, scala A, interno 3 [8].

 

Il 14 agosto la Intendenza di Finanza ci invita a recarci presso i suoi Uffici per sottoscrivere un regolare contratto di locazione della durata di quattro anni [9].

 

Per il nuovo anni scolastico iscriviamo entrambe le bimbe alla pubblica scuola elementare di Quarto e nel mentre a Montruscello si costruisce, ed anche rapidamente, continuiamo la nostra vita di “sgombrati” che ci vede ospiti di comuni che sentiamo ancora estranei.

Per anni manteniamo l’abitudine di recarci a Pozzuoli per la spesa, anche se la nostra è ormai una città fantasma; il commercio riesce a ravvivarla di mattina ma il pomeriggio, e specialmente le serate, sono sommerse nel nulla. Solo strade sbarrate, edifici sorretti da barbacani, luci spente e qualche sparuto puteolano in partenza verso il suo lontano rifugio.

A Quarto le mie figlie scoprono un vicino locale, la Pizzeria Stella del Corso Italia, e con meraviglia notano che sfornano pizze anche nel periodo invernale, contrariamente alla balla che raccontavo loro circa le pizze fatte solo d’estate.

 

Nel dicembre del 1985, il giorno dell’Immacolata, nella casa di Quarto percepiamo l’ultimo grande evento sismico di questa fase bradisismica; poi pian piano tutto torna alla normalità. La Terra inverte il suo corso e, per il sopraggiunto bradisisma positivo, tornerà ad abbassarsi.

 

Nel gennaio 1986 la mia Famiglia è allietata da un nuovo lieto evento, passa da quattro a cinque elementi per la nascita dell’ultimo figlio Carmine Andrea.

Qualche mese prima compiliamo la domanda di partecipazione al bando relativo all’assegnazione di un appartamento di edilizia popolare in costruzione a Monteruscello e naturalmente dichiariamo che il nucleo familiare è composto da quattro e non da cinque persone.

 

Nell’estate del 1986 esce la graduatoria provvisoria per l’assegnazione degli alloggi a Monteruscello e, nel comunicarci l’accettazione della domanda perché corrispondente ai requisiti richiesti tra cui il decreto di sgombero da un alloggio ricadente nella “Zona A”, ci aggiudicano un appartamento di 80 mq., come previsto per un nucleo massimo di quattro persone, anziché 95mq come previsto per nuclei familiari superiori a quattro persone.

Il ventuno agosto 1986 presentiamo ricorso, alla Segreteria Commissione Assegnazione Alloggi per Monteruscello II, avverso alla predetta graduatoria adducendo che il nostro nucleo familiare è composto da cinque membri. Purtroppo il ricorso non è accettato in quanto per nucleo familiare si intende quello esistente alla data dell’uscita del bando nel 1985 [10].

 

Alcuni amici residenti al Parco Caravaglios di Quarto, anche loro puteolani sgombrati, sono decisi a restare in questi comodi quartini; ma noi decidiamo di far ritorno sul nostro suolo natio, in quello che sembra un quartiere funzionale realizzato con moderni accorgimenti e servizi sociali.

In data 23 aprile 1987 siamo convocati presso l’Ufficio Assegnazioni Alloggi del Comune di Pozzuoli e sottoscriviamo un contratto di locazione con l’Istituto Autonomo case Popolari (I.A.C.P.) della Provincia di Napoli gestore per gli alloggi di proprietà del Demanio di Stato.

Ci è assegnata una abitazione a Monteruscello situata al Lotto 1bis, di mq. 80 calpestabili, composto da 3,7 vani principali più 2,5 vani accessori e un locale scantinato, al canone mensile di Lire 58.280 da versare subito unitamente ad un deposito cauzionale di Lire 116.560.

Da notare che questo contratto sarà regolarmente registrato solo il cinque giugno del 1999, in pratica quando la gestione passerà alla Romeo, presso l’Ufficio delle Entrate di Aversa [11].

 

In questa occasione ci consegnano le chiavi di questo nuovo appartamento e ci viene imposto che entro il giorno otto maggio 1987 dovremo lasciare libero da persone e da cose l’appartamento di Quarto.

Le chiavi dovranno essere rilasciate ad apposita Commissione, costituita da questo stesso Ufficio Assegnazioni Alloggi, con la quale bisognerà prendere preciso appuntamento affinché possa visionare il vuoto alloggio che si abbandona, e solo allora questa Commissione potrà rilasciare liberatoria valida a richiedere nuovo allacciamento elettrico per l’abitazione di Monteruscello.

Nei giorni seguenti provvediamo a smontare i mobili e ad impacchettare tutto quanto sia necessario e per l’otto maggio richiedo un giorno di permesso al mio datore di lavoro.

Fortunatamente è un venerdì ed avremo a disposizione anche un sabato e domenica per risistemare mobili e suppellettili nella nuova casa. In questo venerdì otto maggio sarà necessario:

- rimuovere i provvisori lettini ed i fornelli da campeggio utilizzati in ultimo;

- occupare il nuovo appartamento di Monteruscello nello stesso giorno in cui lascio il vecchio di

  Quarto;

- disdire le vecchie utenze (ENEL – SIP) con raccomandate da effettuare presso le Poste di Quarto;

- controllare che tutto proceda per il meglio con i dipendenti della ditta Traslochi, che deve effettuare

  un paio di viaggi Quarto-Monteruscello, affinché nulla possa lesionarsi o perdersi;

- incontrarsi con la Commissione cui consegnare le chiavi e farsi rilasciare liberatoria;

- andare all’Ufficio ENEL per stipulare nuovo contratto:

- rimontare almeno il necessario nel nuovo alloggio che si sta occupando;

- provvedere alle piccole e grandi necessità di una Famiglia in cui sono presenti, oltre ai due genitori,

  tre bambini piccoli che esigono assistenza e certamente avrebbero difficoltà a risiedere in un

  appartamento in cui al momento manca di tutto, compresa l’energia elettrica.

 

Il giorno otto maggio, quando tutto è predisposto, la Commissione dell’Ufficio Alloggi ci comunica che l’appuntamento è rimandato a lunedì undici ma che nel frattempo siamo autorizzati ad effettuare il trasloco.

Con certosina programmazione si fa tutto quanto sia possibile (escluse le previste raccomandate di disdetta) ma, senza la liberatoria, non possiamo stipulare il nuovo contratto ENEL e per qualche giorno, quali consumati campeggiatori, ci arrangiamo con lampade a gas, fornellini e pentole d’acqua calda per le docce.

 

Domenica dieci maggio amici, ancora residenti al Parco Caravaglios di Quarto, ci informano che l’alloggio da noi rilasciato è stato abusivamente occupato da una Famiglia; ci precipitiamo a controllare e subito dopo ci rechiamo presso la locale Stazione Carabinieri per esporre regolare denunzia ma, essendo giorno festivo, prendono solo atto, in forma di appunti, di quanto da noi esposto.

Lunedì undici siamo di nuovo a Quarto per l’incontro con la Commissione la quale, trovando l’appartamento occupato ci invita a recarci nuovamente presso i Carabinieri, farsi da loro rilasciare una relazione, e rincontrarci il giorno dopo, martedì dodici maggio.

I Carabinieri, dopo la formale denuncia e dopo vari loro urgenti interventi, provvedono ad effettuare un sopralluogo ed infine a rilasciarci la richiesta relazione.

Il giorno dopo, dodici maggio, ci rechiamo nuovamente a Quarto, Parco Caravaglios, dove attendiamo inutilmente la Commissione; pertanto telefoniamo agli Uffici di Pozzuoli della Protezione Civile i quali ci riferiscono che hanno ricevuto anche loro un fonogramma dei Carabinieri; continuano dicendo che possiamo rientrare e conservare le chiavi dell’appartamento di Quarto fino ad un loro riscontro; ne approfittiamo per recarci all’Ufficio Postale di Quarto ed inviare le raccomandate disdetta utenze ad ENEL e SIP [12].

Siamo al quinto giorno, terzo di “permesso”, e con copia delle denunce ci rechiamo presso l’ENEL che ci stipula il nuovo contratto ma, per il relativo allacciamento, ci rimanda di tre giorni causa le innumerevoli nuove installazioni in corso in tutta Monteruscello.

No problem! E’ appena partita la nuova avventura e siamo ancora ottimisti.

Per tutelarci inviamo raccomandata alla Protezione Civile di Pozzuoli, esponendo tutto quanto accaduto e denunciato; inoltre richiediamo un loro riscontro in merito alle chiavi da consegnare [13].

 

     Importante rilevare che per decenni il Comune di Pozzuoli continua a rilasciarci, su richiesta, una certificazione in cui specifica che le unità immobiliari site in questo comune alla via Fasano (ex via Miliscola) ricadono nella delimitazione della “Zona A”, di cui all’avviso sindacale del 10.10.1983; che vennero sgombrate dagli abitanti a causa dei terremoti provocati dal Bradisisma. Dette unità non sono comprese negli elenchi dei rientri abitativi fin qui eseguiti in applicazione dell’Ord. Min. N. 600/FPC/ZA del 3.8.85 e successive modifiche e integrazioni [14].

 

Ad oggi ottobre 2023, a quarant’anni dalla scossa che decise le sorti di Pozzuoli e oltre trentasei anni dell’assegnazione dell’alloggio di Monteruscello (con le gestioni IACP, ROMEO, SAN MATTEO, COMUNE POZZUOLI), ancora conserviamo le chiavi di quella che per tre anni fu la nostra provvisoria residenza di Quarto.

 

GIUSEPPE PELUSO – OTTOBRE 2023

martedì 17 maggio 2022

Donna Emilia

 


Cera una volta a… Pozzuoli

Donna Emilia ‘a quartaiola - La salumiera i rint a Torre

 

Nel transitare davanti al sagrato di San Marco, seppure distrattamente, non posso dimenticare la mia infanzia e una vecchia salumeria che qui esercitava la sua attività.

Era collocata proprio nello slargo, sul versante dove via Roma diventa via Nicola Fasano, all’epoca ancora via Miliscola [1].

Oggigiorno è completamente cambiato il modo di far la spesa, sono cambiate le famiglie, è cambiato il loro modo di nutrirsi; giornalmente gli acquisti li fanno solo pochi pensionati, la maggioranza provvede nel fine settimana.

Nella mia infanzia non è così e l’occasione per staccarsi dalla routine di Villa Maria e recarsi alla bottega di “donna Emilia a’ quartaiola”, con i genitori o da solo per piccole commissioni, è una straordinaria avventura.

 

L’arredo della salumeria è molto spartano; il classico bancone di legno parzialmente rivestito di formica e sovrastato da un marmo ovalizzato su cui c’è l’affettatrice per i salumi, la grattugia per i formaggi, il ceppo per il taglio [2].



Su tutto troneggia la grande bilancia, inizialmente quella a pesi con le sue due coppe e poi quella più moderna di colore rosso con un solo vassoio di appoggio ed in alto un enorme quadrante, come i pendoli, per visionare il peso [3].



Sotto il piano del bancone, ancora non esistono banchi frigo; qui sono riposti mortadella, provoloni, formaggi, salumi, prosciutto, lardo salato, burro e cose simili.

Vicino al bancone, esposti in modo che siano ben visibili ai piccoli avventori, grandi barattoli di vetro forniti di coperchio in alluminio; contengono liquirizie, cioccolatini e varie tipo di caramelle, quasi sempre acquistate a pezzi singoli dai bambini che frequentano la vicina scuola.

 

Le scaffalature sono di legno verniciato; quelle dietro il bancone contengono barattoli e scatolame con prodotti da vendere sfusi, tra cui la marmellata che si trova in contenitori di compensato; quelle ai lati del negozio contengono prodotti da vendere confezionati come vino nei fiaschi impagliati, bottiglie con passate di pomodoro tappate con sugheri e spago, biscotti come i nuovi Pavesini e Oro Saiwa, citrato, bustine effervescenti per preparare bottiglie di Idrolitina o Frizzina, le scatolette di Simmethall, i primi dadi Knorr. 

 

Al soffitto sono ancorate varie barre di ferro da cui pendono prosciutti, provoloni, mortadelle, salami, caciocavalli, salsicce e altro, tutti ancora intatti ed in attesa che si esauriscano quelli in uso sul bancone.

Ai pochi tratti di pareti ancora vuoti ci sono piccoli ripiani o addirittura chiodi per esporre prodotti stagionali o promozionali.

Al di sotto di questi si nota il colore delle mura la cui tinteggiatura è stata fatta con calce viva, probabilmente dagli stessi “putekari”.

Il pavimento mostra ancora tratti delle originali “riggiole”, ma estesi mancanze sono state colmate con uno strato di cemento in cui s’è cercato di inserire lo stesso colore delle mattonelle di graniglia.

Leggende, ancora oggi narrate da amici, raccontano di topolini affogati nei grandi recipienti dell’olio ed estratti per la coda; o di neri insetti vanamente inseguiti da scope e stracci…

Ma le mosche sono rare; esse, che pure amano luoghi come questo, sono tenute lontane perché non si lesina nell’uso della moderna macchinetta del “Flit”, che spruzza una miscela di DDT [4].

 


Appena si entra nel negozio si avverte un miscuglio di odori; su tutti emerge, l’olezzo di sarde, alici, aringhe sotto sale, tonno sottolio; tutti prodotti esposti in latte medio-grandi sempre aperte e pronte per la vendita.

Nel periodo natalizio si sente l’aroma pungente del baccalà, tenuto in bella mostra presso l’ingresso del locale; olive verdi, nere, schiacciate, papaccelle, i panettoni Alemagna o Motta, qualche bottiglietta delle essenze per preparare liquori in casa. Come tutti gli altri ragazzi sono affascinato alla vista di bottiglie contenenti millefiori o altri liquidi gialli in cui si nota un rametto e lo zucchero cristallizzato [5].



Purtroppo la vicinanza del Coloniale dei Contursi limita fortemente la vendita dei primi liquori confezionati, del caffè, dello zucchero, dei dolciumi.

A Pasqua tante uova per preparare dolci, quelle di cioccolato con sorprese, le prime colombe, pancetta, ventresca, zogna, salsicce dolci e piccanti.

 

Donna Emilia, la proprietaria, è sempre dietro il grosso bancone e mai ricordo d’averla vista aggirarsi al di qua, tra gli acquirenti.

In epoche in cui son rari gli spostamenti lei, che proviene dalla vicina Quarto ancora frazione di Marano, è subito apparsa “diversa” nel Rione Torre; questa “insolita” origine è sufficiente ad etichettarla per sempre come “donna Emilia ‘a quartaiola”.

Non è alta di statura, la si intravede appena dietro il banco sebbene poggi su di una alta pedana in legno, ma è bella esuberante come una “sora ciaciona”.

La sua mole non gli crea nessun impedimento, si muove con agilità ed è molto pratica di coltelli, affettatrice, pesi e carte.

 

Nel negozio c’è pure suo marito don Eugenio, originario del salernitano e, si narra, imbattibile a braccio di ferro. Don Eugenio è claudicante, avendo una gamba offesa, ma non lo si nota quando utilizza la bicicletta che ogni sera lascia giù alle scale della sua abitazione nella vicina Calcara. Miei compagni di scuola, che abitano nello stesso Palazzo Zaarauolo, la utilizzano a sua insaputa appena rincasa definitivamente.

Io che sono tra i più giovani che abbiano frequentato questo esercizio, lo ricordo di già troppo avanti con l’età, sempre seduto in un angolo semibuio; come contributo si limita ad afferrare qualche prodotto che per puro caso si trovi alle sue spalle, ed anche questo movimento gli procura fastidio.

 

Il supporto essenziale è fornito dal nipote Canonico Santolo che è sempre in giro per il negozio a prendere, trasportare, staccare, misurare, pesare.

Santino, così è da tutti chiamato, è un giovane alto con fisico atletico; è stato calciatore della Puteolana e coltiva la passione per i purosangue. Fino a pochi anni prima ha posseduto un cavallo che, insieme al calessino, ha custodito in un ricovero della vicina Villa Maria; locale che poi sarà adibito a stalla dal vaccaro Vittorio Perrotta.

Il nostro Santino gode anche di un distinto portamento, da vero “gentlman”, e, sicuro della sua prestanza, fa la corte a tutte le signorine ed è galante con tutte le signore che, lusingate, mai dimenticano di passare da “donna Emilia”.

Santolo ha una sua vita sociale e politica; è socio frequentatore dell’esclusivo “Circolo Puteoli”, in piazza, e spesso è candidato alle comunali per le liste del “Movimento Sociale Italiano”.

Al di fuori dell’ambito lavorativo indossa sempre un caratteristico cappello a tese larghe di raffinata foggia, a metà tra un elegante “Borsalino” ed un avventuroso “Indiana Jones”.

 

Nonostante io sia poco più che bambino, nel vedermi mi saluta sempre con un “Buongiorno Signor Peluso”, facendomi sentire come un giovanissimo cadetto della Royal Navy di Sua Maestà.

Questa sua squisita cortesia non è forma di asservimento per il lavoro che svolge; è la naturale educazione e cordialità che lo contraddistinguerà fino a quando ho avuto il piacere di incontrarlo. Anche sessanta anni dopo, quando l’ho rivisto ancora impeccabile nel suo fisico asciutto; Santino era proprio così, aveva stracciato il calendario.

 

Ma non pensiate che Santolo sia futile e galante; egli è sempre attento nell’eseguire tutto ciò che la zia gli chiede, e altrettanta attenzione porge al marciapiede dove sono allineati in bella vista i sacchi pieni di legumi, spighe, ceci abbrustoliti e “sciuscelle”, la cioccolata dei poveri [6]. 



Queste carrube sono molto ricercate da bande di scugnizzi divenuti improvvisati predoni, e la merce esposta fuori, anche per mancanza di spazio interno, è sempre fonte di preoccupazione per la zia che annusa il pericolo anche quando passa l’interminabile fila di “prevetarielli” usciti dal seminario per la settimanale passeggiata [7].



Ma il nipote mai minaccia, spesso dona qualche frutto ai più bisognosi e intuisce che potrà poi stare tranquillo.

 

Il vero regno di Santino è il locale laterale, che funge da retrobottega, in cui si accede sia dalla strada Miliscola che da una apertura praticata sulla destra del magazzino principale.

Negli scaffali con ripiani aperti, di quello che sembra un vecchio armadio, c’è la pasta lunga che a casa andrà spezzata, e sotto, in una serie di cassetti, c’è la pasta corta; quella che si rompe è raccolta in un cassetto e poi ceduta come mista a prezzo inferiore.

Il tutto è venduto sfuso ed in genere ad un quarto di kilo alla volta, ed è pesato sulla vecchia bilancia, con le due coppe ed i pesi in ottone, che in precedenza era nel locale principale ed ora poggia su di un vecchio bancone posto davanti alla pasta [8].



In questo secondo locale c’è pure una grande bilancia a bascula, poggiata a terra davanti al banco, la quale più che per i clienti serve a pesare sacchi e ceste contenente merce che loro acquistano; solo raramente sono qui pesate le vendite di articoli ingombranti che superano i tre-cinque kg [9].



In questo ambiente è depositata pure la farina, i legumi, e soprattutto l’olio che è venduto sfuso; per il suo acquisto è necessario portare da casa un contenitore in cui Santino verserà la quantità richiesta (un quarto, mezzo litro, etc) dopo averla sversata da grossi recipienti metallici e quantificata a mezzo specifici misurini.

 

Saltuariamente, almeno nei miei ricordi, nella “puteka” aiuta l’altra nipote, una sorella di Santino di nome Emilia, come la zia.

L’eterna signorina Emilia è distinta, come il fratello, e nel suo buon italiano abile intrattenitrice per le attese che così diventano piacevoli per i Clienti che, abitanti tra il Rione Torre e il Mulino, si conoscono un po' tutti.

 In quegli anni si vende quasi tutto sfuso, pertanto c’è necessità di molta carta che troviamo infilzata a chiodi fissati sia ai banconi che alle vicine pareti. C’è la carta per il pane, la carta oleata per i salumi e formaggi, la carta maccheroni per la pasta, la carta paglia per qualche prodotto precotto. Poche le bustine di carta, solo per specifiche e costose spezie; molti i “cartocci” (per alimenti voluminosi come fagioli, etc) e i “cuoppi” (per alimenti piccoli come olive, etc) che sia Santino che la zia abilmente confezionano avvolgendo la carta (spesso vecchi giornali) che hanno abbondantemente a disposizione.

Si vendono sfusi anche articoli abbastanza pericolosi come la varichina, l’acido muriatico e la soda caustica, e per tutti è necessario portare bottiglie da casa. In un cartoccio è invece consegnata la liscivia bianca che al negozio arriva in sacchi.

 

Per la vicinanza dello specifico Mercato Ingrosso e del Mercatino Giornaliero donna Emila non vende frutta e verdura, ma in cambio distribuisce fresca simpatia e salutare familiarità.

In un moderno supermercato è impensabile dialogare e avere informazioni dai ragazzi degli stand; dalla nostra pizzicagnola si viene informati su tutto.

Della nuova suora giunta al vicino collegio; del quartino messo in fitto; dove abita la siringai; se la tale sarta lavora bene; e poi…. e poi… e poi; piacevole poter scambiare due parole nel mentre i salumieri preparano con sempre maggior fervore quanto richiesto.


Nel negozio non c’è la “cassa”; donna Emilia fa i conti a mano con la matita su un pezzo di carta sul bancone, lo stesso pezzo di carta che ritroveremo avvolto attorno al pane o al provolone. A casa ricontrolleremo quei conti e li ritroveremo sempre esatti perché la nostra “casadduoglio” sarà pure analfabeta ma in aritmetica è da premio “Nobel”.

Non solo, in anticipo su tempi, donna Emila ha di già inventato un unico certificato che funziona da Carta di Credito e da Carta Fedeltà. Trattasi di un libricino, ovvero un quadernetto con copertina nera, che racchiude piccoli foglietti sui quali la bottegaia annota la somma della spesa giornaliera.

Il possedere questo quadernetto conferisce un potere d’acquisto che ancora oggi nessuno strumento di credito riesce a fornire; inoltre il quadernetto crea un tale legame col negozio che nessuna moderna Carta Socio riesce a conseguire.

Il conto è poi saldato ogni settimana, quindicina o mese adattandosi elasticamente alla instabile retribuzione del debitore; alcuni pagano quando possono, i contadini addirittura al loro raccolto.

Lei con dolcezza e risolutezza ricorda a tutti le scadenze e spesso, senza malizia, dichiara:

“Chi magna a Natale e pava a Pasca, fa 'nu buono Natale e 'na mala Pasca.”

 C’è da dire, però, che siccome c’è ancora un alto senso di dignità, tutti cercano di saldare i loro debiti.

 


 GIUSEPPE PELUSO – MAGGIO 2022


P.S. - Qualche spunto e qualche foto dal blog NOI VASTESI di Nicola D'Adamo


domenica 1 maggio 2022

Tutti figli di Amedeo

 


C’era una volta .… a Pozzuoli

Tutti figli di Amedeo

 

Fin dal suo insediamento a Pozzuoli, nel 1885, la Armstrong ha dato vita a diverse istituzioni di previdenza.

Precorrendo i tempi, quando nè lo Stato né le Industrie ancora non pensano a soccorrere i propri dipendenti in caso di bisogno, il grande Stabilimento inizia a provvedere agli operai colpiti da infortuni.

 

Il servizio sanitario all’interno dello Stabilimento possiede una infermeria con vari locali per pronto soccorso, visite mediche generiche, operazioni chirurgiche, visite oculistiche, ed è corredato di apparecchio radioscopico e di tutti i più recenti precetti della scienza medica [1].


Annessa alla Infermeria vi è una Farmacia dove è possibile acquistare medicinali a prezzi relativamente modici [2].



Ben presto l’assistenza sanitaria gratuita è estesa anche alle famiglie degli operai, sia che essi risiedano a Pozzuoli, a Napoli, o nei paesi vicini.

Vari medici ed alcuni infermieri specialisti sono adibiti a questo servizio che funziona ventiquattro ore al giorno, come i turni di produzione.

Questi benefici, per dipendenti e familiari, sono elargiti dalla Armstrong per tutti i lunghissimi anni in cui opera nel sito di Pozzuoli, e lo stesso sarà per la successiva Ansaldo e poi dalla subentrante SMP (Stabilimenti Meccanici di Pozzuoli), fino a tutti gli anni cinquanta.

 

In una foto del 1958, scattata all’interno del Cantiere di Pozzuoli nel corso di una cerimonia religiosa presieduta dal vescovo Alfonso Castaldo, notiamo la presenza dell’operaio Amedeo Russo che abita nella vicina e animata Vanella Miliscola [3].





All’epoca i ragazzi di questo borgo, del Mulino, di Villa Maria e di altre sparse case della zona Cantiere, sono sempre fuori casa, praticamente in strada fino a tarda sera finché non sono richiamati dalle rispettive mamme per la cena. Per giocare ci si inventa di tutto, la Fantasia è patrimonio comune, nonostante nasi colanti, scarpe con buchi, pantaloni con pezze, e inquilini non graditi tra i capelli.

D’estate già di prima mattina si gioca a calcio al centro della strada, per via Miliscola raramente passa qualche auto, e la sirena del Cantiere, che suona per l’ingresso, pranzo e uscita operai, marca i tempi di divertimento.

In serata transitano carretti carichi di frutta e verdura, che i coloni portano al mercato; si poggiano le orecchie sull'asfalto per poter sentire gli zoccoli dei cavalli in avvicinamento e al loro passaggio è un vero e proprio assalto alla diligenza.

Poi gli arrembaggi lungo la lava Cordiglia, l’andare a disturbare le “lucciole” che “lavorano” sulle rampe per Villa De Angelis, le sassate con i ciottoli della Ferrovia Cumana contro bande rivali, son tutte buone occasioni per procurarsi ferite più o meno leggere [4].



Per le semplici sbucciature è sufficiente risciacquarsi alla fontana mascherone posta nello slargo del Mulino dei Mirabella; ma per le ferite più importanti non ci sono soluzioni rapide e neppure lontanamente si ritiene opportuno recarsi a casa [5].



Tutte le mamme avvertono: "..se cadi e ti fai male...ti dò il resto..", oppure: “…se cadi per far lo scemo e non ti fai nulla ...dopo ti faccio male io....!!!!”

 

Con queste premesse è impensabile andare a casa dopo un danno non proprio leggero; pertanto l’unica soluzione è recarsi presso l’infermeria del Cantiere che da sempre ha un portoncino, che immette direttamente sulla provinciale Miliscola, riservato ai familiari dei dipendenti [6].



Una volta bussato si è accolti nell’atrio e subito introdotti nella medicheria dove l’infermiere don Peppe provvede a disinfettare, bendare, e dare qualche punto, senza fare inopportune domande sull’incidente causa dei danni.

Al termine don Peppe, per le dovute registrazioni, si limita a chiedere il nome del genitore e una conferma che lo stesso sia dipendente del Cantiere.

Prontamente, il ragazzo di turno infortunato, risponde:

“Sono figlio di Amedeo!”

In altre occasioni, numerose come lo è il numero degli scugnizzi, alla richiesta di don Peppe di conoscere il nome del genitore, sempre si risponde:

“Sono figlio di Amedeo!”

La domanda di don Peppe è una farsa, ma dovuta, i ragazzi rispondono tutti d’essere figli di Amedeo, abitante nella vanella e dipendente del Cantiere.

Don Peppe è di cuore, ma non scemo; sa benissimo che non son tutti figli di Amedeo, ma lui li cura lo stesso.

Non sono tutti figli di Amedeo, ma comunque sono tutti figli del Cantiere.

 

 P.S.

Un grazie a Genny Casella, Antonio Ambrosino e Ninotto Bellofiore per le preziose testimonianze.

 

Giuseppe Peluso – maggio 2022